PERCHÉ LE AUTO CINESI INVADERANNO PRESTO EUROPA E STATI UNITImercoledì 9 maggio 2018 8.50Lo scorso aprile Pechino ha annunciato nuove regole per le joint venture con i costruttori stranieri. Dal 2018 viene abolito l’obbligo di alleanze per i produttori di auto elettriche e ibride. Nel 2020 toccherà ai veicoli commerciali. E dal 2022 la regola del 50:50 verrà abolita per l’intero settore.


Non ha dubbi il numero uno di Toyota, Kazuhiro Kobayashi: «La Cina è in una posizione di leadership nel mondo per le nuove tecnologie dell’auto elettrica». Al Pechino Motor Show sono stati presentati 174 nuovi modelli di auto elettrificate, di cui 124 modelli sviluppati in Cina. «Quello che – dice il ceo di Toyota – mi impressiona di più della Cina è la velocità del cambiamento. Frutto di politiche economiche che hanno dato lo slancio per superare gli altri Paesi nello sviluppo di queste tecnologie, così come nei campi della guida autonoma e delle auto connesse». L’imperativo per Toyota, per restare in scia, è «accelerare la crescita del business in Cina».

Il mercato si apre

La scorsa settimana Pechino ha annunciato nuove regole per le joint venture con i costruttori stranieri. Dal 2018 viene abolito l’obbligo di alleanze per i produttori di auto elettriche e ibride. Nel 2020 toccherà ai veicoli commerciali. E dal 2022 la regola del 50:50 verrà abolita per l’intero settore. L’industria dell’auto cinese è stata fondata negli anni Cinquanta con l’aiuto dell’Urss. La produzione per trent’anni non ha superato le 200mila vetture. Fino agli anni Novanta, quando Pechino aprì la possibilità di investire alle case straniere con l’introduzione, nel 1994, del limite del 50% alla proprietà delle joint venture con i partner locali. Adesso la Cina apre il mercato dell’auto agli stranieri togliendo obbligo di alleanze. Le joint venture di solito sono accordi industriali di lunga durata, 10-20 anni. Per quelle già in essere non cambierà molto. Nel futuro lo scenario muterà.

Chi ci guadagna

Tesla vende 800-1.000 auto al mese in Cina con un dazio all’import del 25%. Da gennaio 2017 ha esportato 18mila auto in Cina. Da oltre un anno Elon Musk sta negoziando con le autorità cinesi per aprire uno stabilimento nel Paese. Ora potrà investire direttamente sul primo mercato mondiale.
Anche le tedesche ci guadagneranno. Herbert Diess nuovo ceo del gruppo Vw ieri a Pechino ha annunciato che svilupperà la joint venture con i partner cinesi con investimenti nei prossimi cinque anni per 15 miliardi di euro (+44% di spesa): «Dobbiamo accelerare, i cambiamenti avvengono rapidamente, soprattutto qui in Cina». Vw, primo gruppo mondiale, è molto apprezzato in Cina con i marchi premium Audi e Porsche e anche Vw: il 43% dei profitti lordi del gruppo tedesco arrivano dalla Cina, secondo Evercore Isi.
Rafforzeranno le partnership anche Daimler e Bmw. Bmw, tra l’altro, potrebbe decidere di realizzare da sola il nuovo stabilimento cinese per le Mini elettriche – negoziati in corso con Pechino – ma è possibile che alla fine decida di cooperare con i partner locali più avanti nelle tecnologie sull’elettrico e nelle batterie. L’orientamento delle case occidentali è: via dalle alleanze che funzionano poco a scadenza, liberi tutti con i nuovi investimenti. Diversi analisti sottolineano il fatto che le case occidentali non avranno più l’obbligo di dividere al 50% i crescenti profitti cinesi.
Diversi costruttori cinesi quotati in Borsa hanno ormai un valore di mercato che supera quello dei concorrenti occidentali. Dongfeng vale più di Ferrari, se si considerano le stime sull’Ebitda a un anno. Changan Group, Guangzhou Auto, Saic e Faw valgono tutte più di Bmw, Mazda e Subaru, sebbene tutte le case cinesi trainino i rispettivi partner stranieri in termini di ritorno degli investimenti.
Un film già visto. Per l’automotive cinese nei prossimi anni rischia di ripetersi quanto accaduto con l’industria degli smartphone: la Cina ha sfruttato il cambiamento tecnologico dai telefonini agli smartphone grazie alla sua industria manifatturiera. E ha messo in breve tempo fuori gioco i produttori di Finlandia, Svezia, Usa, Canada e Giappone. Nel 2017 tre dei primi cinque produttori mondiali di smartphone sono stati cinesi, dati Gartner. Non è un segreto che la Cina abbia l’ambizione di sviluppare la sua industria dell’auto. Con le nuove tecnologie legate all’elettrificazione, Pechino ha l’opportunità di diventare il leader globale nel settore.

La linea di Xi Jinping
La linea l’ha dettata il presidente Xi Jinping nel 2014 durante una visita a Saic, la società statale partner di Volkswagen e Gm, che è il primo player in Cina per veicoli venduti: «Sviluppare auto a batteria è l’unico modo per la Cina di diventare da grande Paese per l’auto a un potente hub per tutto il settore automotive». Cosa che sta succedendo. Nella nuova era dell’auto i produttori cinesi, come stanno facendo già con gli smartphone, cercheranno di conquistare con i loro brand sconosciuti i mercati occidentali. Li Shufu, fondatore di Geely Group, che ha salvato e rilanciato Volvo, rilevato Lotus, i Black Cab londinesi e di recente è diventato il primo azionista di Daimler, presto lancerà in Occidente un suv ibrido con il brand Lynk. «Geely vuole diventare una società globale. Per riuscirci bisogna uscire dalla Cina». Non è il solo. Almeno quattro carmaker cinesi (Nio, Byton, Sf Motors e Byd) hanno in programma di vendere le loro auto negli Stati Uniti a partire dal prossimo anno.

Autore: Riccardo Barlaam
Fonte: www.ilsole24ore.com

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