L’ELETTRICO NON SARÀ LA SOLA ALIMENTAZIONE UTILIZZATA DALLE AUTO IN FUTUROlunedì 20 dicembre 2021 14.29Stop alla produzione di benzina e diesel dal 2035, non solo auto elettriche ma anche a idrogeno e bio-carburanti.


La data di scadenza del motore termico è stata fissata al 2035, quando in Europa non si potranno più commercializzare vetture benzina e diesel. Infatti in occasione della quarta riunione del Cite, il Comitato interministeriale per la Transizione ecologica, i ministri della Transizione ecologica Roberto Cingolani, delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili Enrico Giovannini e dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti hanno definito “le tempistiche di sostituzione dei veicoli con motore a combustione interna, decidendo, in linea con la maggior parte dei paesi avanzati, che il phase out delle automobili nuove con motore a combustione interna dovrà avvenire entro il 2035, mentre per i furgoni e i veicoli da trasporto commerciale leggeri entro il 2040”.
Come spiegato dal Mite, "occorre mettere in campo tutte le soluzioni funzionali alla decarbonizzazione dei trasporti in una logica di 'neutralità tecnologica' valorizzando, pertanto, non solo i veicoli elettrici ma anche le potenzialità dell’idrogeno, nonché riconoscendo, per la transizione, il ruolo imprescindibile dei biocarburanti, in cui l’Italia sta costruendo una filiera domestica all’avanguardia”.
 
BioDiesel 
Questa premessa è fondamentale per capire come l’auto elettrica non sarà l’unica tecnologia utilizzata dal 2035, lasciando spazio anche a modelli con alimentazione a idrogeno e nella fase di transizione a e-fuel e bio carburanti. Proprio alimentazioni come i BioDiesel saranno in grado di ridurre l’impronta di carbonio dei modelli a gasolio, di nuova concezione e compatibili con questa tipologia di carburante, in maniera significativa. All’atto pratico una vettura con motore diesel vedrebbe una riduzione tra il 70 e il 95% di emissioni di anidride carbonica se alimentato con gasolio “bio”. Tra i vari combustibili green in arrivo, troviamo quelli come l’Hvo (Hydrotreated vegetable oil) prodotti da residui biologici e materiali di scarto: si tratta di olii convertiti in idrocarburi per reazione con l'idrogeno e aggiunti al gasolio in varie quantità. Gli stessi, però, possono anche essere utilizzati integralmente come combustibili massimizzando, così, i benefici in termini di riduzione delle emissioni. 


Auto a idrogeno  
Se i bio-carburanti saranno un valido alleato alla riduzione della CO2 nella fase della transizione da qui al 2035, la tecnologia a celle combustibile con alimentazione a idrogeno potrebbe diventare una reale alternativa ai modelli alimentati a corrente. Diversi gruppi automobilistici sono al lavoro per offrire gamme a idrogeno, con modelli dalle generose autonomie e dai tempi di ricarica rapida. Perché nella vita quotidiana una vettura a idrogeno non mostra grandi differenze con un modello termico, in particolar modo sulle tempistiche di rifornimento. Naturalmente una crescita di un parco circolante a idrogeno dovrà andare di pari passo con una creazione di una rete infrastrutturale adeguata, diventando una vera alternativa alla mancanza di colonnine di ricarica.  
 
Alternativa all’elettrico  
La necessità di offrire tecnologie alternative all’elettrico si basa anche sui problemi legati alla transizione imposta verso una mobilità a zero emissioni come sottolineato nel nuovo EY Electric Vehicle Country Readiness Index, l’Italia è tra le ultime posizioni in materia di mobilità elettrica. L'Indice EY, che rappresenta il 75% del mercato globale veicoli leggeri, valuta tre principali indicatori di analisi come offerta, domanda e la regolamentazione in vigore nei Paesi presi in esame, con l'obiettivo di fornire una panoramica completa per ogni nazione circa l'effettiva maturità e preparazione rispetto alla mobilità elettrica e sostenibile. Il ranking italiano, al 9° posto nell'Indice EY e davanti solamente all’India per le prime dieci posizioni, mostra come alcuni fattori non sono ancora maturi rispetto a ciò che accade in altri stati ad oggi trainanti, dove è presente una filiera industriale già in stadio avanzato di conversione all'elettrico, che accompagna questo mercato in crescita con infrastrutture adeguate.
L’Italia, importatore di energia elettrica con un deficit di fornitura del -6,9%, deve affrontare la sfida della minore affidabilità della rete e di utility e puntare all'espansione delle infrastrutture di ricarica. Se si pensa che nel 2020 il rapporto tra caricabatterie e veicoli elettrici era di 0,13 in Italia, alla pari con la media globale di 0,1, si capisce come i caricatori veloci pubblici installati sono una percentuale esigua del totale, rappresentandone solo il 3,3%. 

Fonte: Simonluca Pini - Contributor Editor de Il Sole 24 Ore

 
 

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